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LA RICERCA PSICOANALITICA
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DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA
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IL SOGNO COLLETTIVO
Giovanni D'Orazio (*)
Racconto una storia che non solo mi ha fatto riflettere ma mi ha illuminato.
Antefatto.
Un'assistente sociale, che conosco, ha avuto fino ad ora in carica come amministratore di sostegno un uomo di circa 50anni debole mentale ed in istituto fin dalla nascita. Ha preso questo incarico circa 6 o 7 anni fa e come è fatta lei in questi anni si è appassionata al suo lavoro e si è affezionata a questo uomo. Circa una settimana fa ha ricevuto la notizia della sua improvvisa morte. E' rimasta colpita emotivamente come se avesse perso un parente stretto. Questo uomo aveva in banca molti soldi frutto dell'accumulo negli anni di tante rate di pensione non completamente spese. Quindi c'è un problema di successione che riguarda i suoi eredi. Questo uomo aveva tre o quattro fratelli quasi tutti deboli mentali ed in istituto fin dalla nascita. Ognuno di questi ha come curatore dei propri beni un amministratore di sostegno. E qui ci fermiamo un istante per venire al fatto che vi voglio raccontare.
Il fatto.
La mia amica assistente sociale, appresa la notizia della morte, ha inviato subito una lettera al giudice chiedendo di potersi occupare della successione. Ha inviato la stessa comunicazione agli amministratori di sostegno dei fratelli del suo amministrato morto. Ha nello stesso momento ingaggiato un commercialista che si è dichiarato disposto ad iniziare per lei le pratiche della successione. Tutte queste persone contattate hanno accettato il fatto che lei si occupasse della successione senza nulla interferire o discutere come se fosse un fatto consueto che un amministratore di sostegno di un morto effettuasse la successione. Si tratta di circa 5 persone tutte intellettualmente consapevoli di come avvengono le pratiche di successione.
Quando la mia amica mi ha raccontato per caso questa storia e cioè il fatto che si stava preparando a occuparsi delle pratiche di successione mi è venuto spontaneo dirle: "tu vuoi fare vivere il morto, cioè il dolore che stai provando per questa perdita è così insopportabile che stai agendo come se lui fosse vivo, e questo perché le persone vive si occupano della successione, cioè gli eredi, quindi gli eredi di questo che tu hai rappresentato fino ad ora devono fare la successione e non tu che rappresenti il morto, ma capisco che tu abbia fatto tutto ciò perché facendo vivere il morto eviti il dolore della perdita. La mia amica ha ascoltato le mie parole e, come uscendo da un sogno, si è resa conto di quello che le stavo dicendo e di quello che aveva messo in moto coinvolgendo ben 5 o 6 persone oltre a se stessa in una specie di delirio o sogno collettivo. Infatti con la sua proposta aveva inconsapevolmente attivato in ognuno di loro un sogno o delirio collettivo. Infatti ognuno di loro, per motivi inconsci differenti l'uno dall'altro, aveva attivamente partecipato al delirio o sogno collettivo come difesa dal dolore che la morte di quell'uomo aveva riattivato in loro. Ma il sogno o delirio che possiamo anche chiamare induzione di ruolo inconscia collettiva si è avvalso del fatto che la capacità di auto osservazione di ciascuno dei personaggi era stata da loro stessi inconsapevolmente inibita o messa a tacere per partecipare attivamente ed inconsapevolmente al sogno stesso.
Possiamo trarre le seguenti conclusioni:
1-la forza dell'induzione di ruolo inconscia tra persone depositarie dello stesso problema inconscio è davvero incredibilmente coinvolgente;
2- la relazione di ruolo inconscia può essere attuata se ognuno dei soggetti coinvolti inconsapevolmente inibisce la capacità di auto-osservazione (cioè il terzo orecchio analitico);
3- ognuno dei soggetti coinvolti inconsapevolmente può uscire dalla relazione di ruolo inconscia solo riattivando la propria capacità di auto-osservazione, cioè il terzo orecchio analitico;
4- possiamo paragonare questa relazione di ruolo collettiva inconscia ad un delirio collettivo oppure ad un sogno collettivo;
5- possiamo pensare che il sogno a due che cita Ogden (**) è un delirio a due e cioè è la realizzazione della relazione di ruolo inconscia tra terapeuta e paziente.
6-possiamo pensare che il terapeuta possa aiutare il paziente ad uscire dalla relazione di ruolo inconscia se assume su di sè l'angoscia che il paziente vive in quel momento nell'interrompere la relazione di ruolo inconscia. In tal caso il paziente si identifica con la capacità del terapeuta di sopportare l'ansia inconscia che scaturisce dall'uscita dalla relazione di ruolo e questo permette al paziente di trovare tra le sue risorse la sua modalità per uscirne.
Milano, dicembre 2020
(*) www.doraziolelliscuolapsicoterapia.org
(**) Ogden, T. H. (2016), "Vite non vissute. Esperienze in psicoanalisi",Tr. It. Raffaello Cortina, Milano 2016
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