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LA RICERCA PSICOANALITICA
D'ORAZIO LELLI FORMAZIONE PSICOANALITICA
SCUOLA DI PSICOTERAPIA PSICOANALITICA
DELLA COPPIA E DELLA FAMIGLIA
Via Poggi 1 MILANO
Corso Saffi 1 b GENOVA
Domanda da parte di Giovanni D'Orazio ad Alberto De Micheli (*)
sul rapporto tra la pratica psicoterapica e la pratica della medicina fisica.
Caro Alberto,
voglio rivolgere a te, medico esperto di medicina fisica, una domanda riguardo al rapporto tra la pratica psicoterapica e la pratica della medicina fisica.
Premessa: quando fu approvata la legge 180 della psichiatria si accese un piccolo, ma considerevole dibattito
tra noi psichiatri di Psichiatria Democratica. Alcuni, come Slavich, paventavano questo incontro tra le strutture psichiatriche e le strutture della medicina tradizionale (che fino ad allora erano state separate
amministrativamente: Provincia e Ospedale Civile) perché temevano una medicalizzazione della psichiatria,
cioè una oggettivazione del malato, appena "liberato" dalla stessa oggettivazione che avveniva negli O.P.
Infatti Slavich si batte' perché i Servizi di Salute Mentale fossero avulsi gestionalmente dalla gestione degli Ospedali, cioè avessero una loro autonoma direzione che rispondesse alla direzione della ASL. Altri, tra cui il sottoscritto, erano contrari a tale impostazione ed erano a favore dell'integrazione con i servizi dell'Ospedale
e del Territorio facenti parte della medicina fisica. Infatti misi in atto la prima esperienza di integrazione
dei servizi nella famosa esperienza di Villa Spinola a Genova-Cornigliano (siamo negli anni '80) e pubblicai
tale esperienza in quegli anni. Fu in effetti la prima reale sperimentazione di quello che, burocraticamente, fu
definito nei decenni successivi il "distretto sanitario". Fui chiaramente osteggiato, ma la cosa non mi distrasse
dal registrare dentro di me gli effetti di quel matrimonio tra medicina psichiatrica e medicina fisica.
Poi andai via, ma il problema dentro di me rimase.
Come sono andate poi le cose? Con la spinta ai farmaci psichiatrici e alla psicoterapia cognitivista, la medicalizzazione della psichiatria nei fatti ha proceduto a grandi passi e solo ora se ne registrano le conseguenze: infatti gli psichiatri con i farmaci e con il cognitivismo hanno ripreso ad oggettivare il paziente ed a difendersi
dalla relazione angosciante con esso.
Ragionamento: ritengo che alla base della pratica medica fisica ci siano concezioni diverse tra i medici che la praticano. Ritengo che ogni pratica personale del medico fisico derivi da una sua concezione teorica
inconsapevole. E lo stesso avviene per la pratica psicoterapeutica. Molti aderiscono alla pratica cognitivista
perché risponde ad una loro concezione inconscia della malattia e del malato.
Conclusione: ti invio le nostre ricerche affinché, come hai ben capito, tu ti faccia un'idea del nostro modo di concepire la malattia e l'intervento sul malato. E' chiaro che è un modo specifico e particolare. Nel momento in
cui tu ti fai questa idea puoi confrontarla con la tua idea di malattia e di malato che deriva dalla tua pratica clinica
e vedere la differenza. Questa differenza me la comunichi. Ho bisogno di capire la tua differenza perché questo
mi costringe a rivedere la mia concezione, non per adattarla alla tua, ma per contaminarla con le tue idee. Ho bisogno di questa contaminazione per evitare l'inganno di auto-referenziarmi, inganno sempre presente in noi
per il nostro narcisismo terapeutico. Questa contaminazione mi permette di continuare quel confronto intellettuale iniziato con Villa Spinola e mai interrotto.
Il prodotto di tutto questo, parafrasando Papa Francesco, darà un meticciato, una concezione teorica meticciata.
Questo meticciato alimenta la mia concezione e mi può permettere di affrontare l'uomo come un individuo complesso e non riducibile a soli sintomi, ma ad un sistema in perfetto equilibrio tra psiche e soma.
Domanda: come un medico esperto vede concettualmente la pratica psicoterapeutica, così diversa, forse, dalla sua pratica di tutti i giorni e soprattutto dalla sua concezione di quello che è per lui la medicina o meglio l'atto medico.
Risposta di Alberto De Micheli
Caro Gianni,
oggi la mia visione della pratica medica fisica è legata alla Evidence based medicine, quindi terapia basata su
prove scientifiche rigorose, ma anche sulla esperienza del medico ed i cosiddetti valori del paziente. Quindi le
prove sono la base, ma l'esperienza clinica del medico e la capacità di vedere il paziente nel suo complesso di pluripatologia fisica e di persona globale, le declinano sul singolo individuo. I valori del paziente sono le
aspettative del paziente sulla sua salute nel momento specifico ed anche la sua visione globale della salute e della scienza. A me pare un equilibrio molto buono fra dati oggettivi e considerazione della persona. Purtroppo tutto
ciò è difficile, perchè la medicina fisica richiede sempre più conoscenze e quindi l'approccio agli aspetti psichici
della persona è tenuto in conto, ma in questo il medico del corpo è un dilettante. Io ad esempio cerco di utilizzare il buon senso e l'esperienza ma non ho in tema di approccio psicologico nessuna formazione, quindi esiste una enorme differenza fra la capacità professionale di dare un apporto tecnico e quella di affrontare la persona nella
sua globalità.
In più la implicazione interpersonale esiste certamente, ed è fonte spesso anche di gratificazione per il medico
in un buon rapporto medico paziente, che per taluni pazienti per me dura ormai da 30-40 anni.
Quindi la pratica psicoterapeutica va molto al di là della pratica medica; pertanto io penso che debba essere concettualmente diversa dalla pratica medica. Per sintetizzare forse la pratica dell'organicista è 50% "malattia"/ 50% "malato" e se è solo malattia non funzionerà mai, perché non accettata dalla persona in cura, mentre vedo molto spostate le quote nella vostra attività che però certamente non prescinde da un inquadramento oggettivo
Ti racconto un episodio di rapporto medico-paziente di questa mattina. In ambulatorio si presenta una
settantenne con vecchi e rilevanti problemi psichiatrici ed incomincia a raccontarmi la sua storia organica con uno stile molto 'psichiatrico'. Io la ascolto cercando di evincere fra le migliaia di parole i dati medici rilevanti e
necessari per la mia visita. A fine visita la paziente mi dice: 'la ringrazio, lei ha molta pazienza. Per come parlo
io di solito i medici mi fanno parlare per 2 minuti e poi mi zittiscono'. Si vede che frequentare psicologi e
psichiatri mi è utile!
Genova, 25 luglio 2019
(*) Dott. Alberto De Micheli, medico specialista in Medicina Interna, Diabetologia, Endocrinologia
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